5 research outputs found

    La costruzione della frontiera abruzzese nella territorializzazione normanna del XII secolo

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    Protagonisti di una secolare stagione di migrazioni dalla Scandinavia verso numerose aree del continente europeo, i Normanni furono responsabili di profonde trasformazioni sociali e politiche. Ricostruire la storia dei loro spostamenti è del resto un lavoro già avviato, ma si è riflettuto assai poco sugli effetti geoculturali che essi ebbero con gli spazi insediati. A tal proposito è quindi necessario rifarsi a concetti a volte del tutto estranei al mestiere dello storico e spesso relegati al solo ambito geografico: accanto alle fonti più tradizionali, il paesaggio può certamente rappresentare un’ottima base di partenza per comprendere le dinamiche intercorrenti tra il milieu naturale e le comunità che trovano il proprio posto in un determinato spazio. Così, un’indagine delle modalità di risemantizzazione di una determinata rete di relazioni umane, condotta attraverso la geolocalizzazione degli insediamenti e l’esame della loro interazione nel contesto locale, riesce a dare numerose informazioni per lo studio del territorio. Il Catalogus baronum, concepito proprio come progetto di territorializzazione, mostra in tal senso l’interesse da parte dei Normanni per l’insediamento capillare di tutto il Mezzogiorno continentale, con una particolare attenzione verso le aree frontaliere dell’Abruzzo, tra le più militarizzate del neonato Regnum Siciliae. Seguendo così un’impostazione basata prevalentemente sull’analisi geosemiotica degli insediamenti e comparando i dati provenienti dalle fonti scritte con quelli materiali disseminati nello spazio si scopre come dall’agire territoriale sia possibile ricavare un’istantanea del momento storico in cui una data comunità si è organizzata e relazionata con le altre. Nel caso specifico dell’Abruzzo del XII secolo è dunque possibile far luce sulla costruzione materiale di una precisa simbologia territoriale, quel “feudalesimo d’importazione” di cui parlava Marc Bloch a proposito delle migrazioni normanne

    Los viajes de Mandeville: codificar la ficciĂłn, transmitir una peculiar visiĂłn del mundo

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    Questo contributo è stato presentato e discusso nella giornata di studio "Fake News y Edad Media" celebrata il 9 maggio 2019 a Madrid presso l'Università San Pablo CEU. Tra le molteplici false notizie circolanti in età medievale, il trecentesco libro dei viaggi del cavaliere Mandeville occupa un posto di rilievo. Nonostante i viaggi verso l'Oriente avessero iniziato a connettere l'Europa cristiana con l'Asia e il remoto Catai, la lettura dell'opera di Mandeville continuò a diffondere una serie di credenze sedimentate nel corso dei secoli, rinvigorendo il complesso immaginario medievale composto di popoli misteriosi e pericolosi, animali leggendari, terre inesplorate e regni favolosi. Pensato per una collocazione editoriale di alta divulgazione, il mio contributo parte da un'analisi della percezione degli spazi in età tardoantica e medievale per arrivare, tramite il fil rouge del libro di Mandeville, a due suoi lettori di eccezione: Cristoforo Colombo e Domenico Scandella, detto Menocchio. Entrambi si abbeverarono a questa fonte e la loro visione del mondo fu condizionata anche sulla base delle false credenze tramandate dal Medioevo alla modernità dal libro dei presunti viaggi del cavaliere Mandeville

    La territorialitĂ  locale nel sistema dei poteri universali: ricostruire le reti monastiche dell'Abruzzo adriatico medievale attraverso la documentazione

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    Spesso considerato e percepito come un mero spazio di provincia, se non semplicisticamente una periferia di importanza secondaria, l’Abruzzo costiero e pedemontano ha in realtà costituito per tutti i secoli centrali del Medioevo una sorta di avanguardia nei processi di territorializzazione messi in atto dai diversi attori che, nel corso del tempo, hanno rivolto il loro sguardo su questa ampia zona collocata tra i più alti rilievi dell’Appennino e il mare Adriatico. In particolar modo, attraverso l’analisi tanto delle fonti documentarie quanto di quelle narrative, risulta evidente come l’approccio dei diversi detentori del potere, dalle comunità monastiche extraregionali (come Montecassino e San Vincenzo al Volturno) a quelle locali (su tutte San Clemente a Casauria), dalla curia romana agli imperatori fino alla piccola nobiltà locale laica ed ecclesiastica, sia stato particolarmente rivolto alle dinamiche insediative o, più nello specifico, al controllo diretto di quest’area. La particolare morfologia del milieu naturale, in effetti, i cui settori collinari vengono scanditi dal corso di fiumi più o meno importanti per il contesto zonale, svolge un ruolo chiave ancora oggi nelle dinamiche di relazione tra i diversi insediamenti e costituisce un parametro imprescindibile con cui misurarsi per comprendere l’agire territoriale delle popolazioni che hanno reificato e vissuto tali luoghi tra il IX e il XII secolo. La ricostruzione topografica che è possibile far emergere dalla documentazione consente dunque di approcciarsi allo studio di un intero territorio sottolineando l’importanza della dimensione geografica nella mentalità degli uomini vissuti in un’epoca di profonda transizione istituzionale e, al tempo stesso, di tentata conservazione dei poteri locali, soprattutto quelli legati all’edificazione e alla gestione dei monasteri: una serie di momenti particolarmente vivaci in un contesto territoriale di grande importanza strategica per i destini delle aree frontaliere e delle terre contese dell’Italia centromeridionale, la trasformazione di un territorio passata attraverso una rete di relazioni fondata soprattutto sull’insediamento monastico locale

    Luigi Russo, I crociati in Terrasanta. Una nuova storia (1095-1291) (Davide Del Gusto)

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    La storia del movimento crociato ha sempre avuto un ruolo di rilievo nell'immaginario collettivo e nel linguaggio politico del mondo contemporaneo e, a distanza di quasi un millennio dal fatidico 27 novembre 1095, è ancora vivo l'interesse per lo studio delle sorti del sistema euromediterraneo nell'epoca bassomedievale. Il volume di Luigi Russo è un ulteriore tassello nell'ambito della storiografia sul movimento crociato e propone un innovativo percorso di lettura e di analisi del fenomeno

    La frontiera del Sangro e del Pescara, dalla formazione di una rete monastica alla dominazione locale normanna (X-XII secolo)

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    In una prospettiva interdisciplinare, il contributo epistemologico della disciplina geografica riveste un ruolo importante nell’analisi delle dinamiche tipiche della storiografia tradizionale, concentrando la ricerca su strategie per un possibile dialogo tra differenti metodi di lavoro. L’ambiente naturale, gli spazi fisici e l’azione delle società su di essi portano alla formazione di ciò che può essere definito spazio locale territorializzato. Pertanto, è possibile ricostruire le reti di relazioni sociali, di gestione e di controllo del territorio attraverso l’analisi delle fonti disponibili e dello spazio percepito dagli uomini che lo produssero. In tal senso, nei secoli del Pieno Medioevo, il contesto geografico tra i due fiumi del Pescara e del Sangro rappresentò un interessante laboratorio insediativo nel quale entità diverse trovarono il modo di esprimere il proprio progetto territoriale. L’intera regione abruzzese assunse nel corso del tempo il ruolo di una terra di frontiera, ideale per essere “conquistata” dalle più importanti abbazie dell’Italia centrale, dai monasteri locali capaci di trovare il proprio spazio e dagli altri poteri locali. Una situazione che subì una riformulazione degli spazi locali solo alla fine dell’XI secolo, quando i Normanni invasero quest’area e spostarono la loro frontiera dal Sangro alla valle del Pescara.In an interdisciplinary perspective, the epistemological contribution of geography plays an important role in the analysis of dynamics typical of traditional historiography, focusing research on strategies for a possible dialogue among different work methods. The natural milieu, the physical spaces and the action of social groups on them lead in fact to the formation of what we can define as a local territorialized space. It is therefore possible to reconstruct different networks of social relations, management and control of the territory through the analysis of the available sources and of the space experienced by the men who produced them. In this sense, during the High Middle Ages, the geographical context between the two rivers of Pescara and Sangro represented an interesting settlement laboratory in which different entities found a way to express their territorial project. The whole region of Abruzzo assumed over time the role of a frontier land, perfect to be “conquered” by the main abbeys of Central Italy, by local monasteries able to cut out their own space and by other local powers. A situation that underwent a reformulation of the local spaces only at the end of the 11th century, when the Normans invaded this area and moved their frontier from the Sangro to the Pescara valley
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